Papa Francesco: "Gesù ha mancato la morale"
http://www.andreatornielli.it/?p=8369
«Maestro, è una profanatrice della Legge oltre che del talamo. Una ribelle, una sacrilega, una bestemmiatrice».
Gesù scrive. Scrive e cancella lo scritto col piede calzato dal sandalo e
 scrive più là, girandosi piano su Se stesso per trovare altro spazio. 
Sembra un bambino che giuochi. Ma quello che scrive non è parola di 
giuoco. Ha scritto successivamente: «Usuraio», «Falso», «Figlio 
irriverente», «Fornicatore», «Assassino», «Profanatore della Legge», 
«Ladro», «Libidinoso», «Usurpatore», «Marito e padre indegno», 
«Bestemmiatore», «Ribelle a Dio», «Adultero». Scritto e riscritto mentre
 sempre nuovi accusatori parlano.
«Ma insomma, Maestro! Il tuo giudizio. La donna va giudicata. Non può 
col suo peso contaminare la terra. Il suo fiato è veleno che turba i 
cuori» .
Gesù si alza. Misericordia! Che viso! È un balenare di lampi che si 
avventano sugli accusatori. Sembra ancor più alto, tanto tiene la testa 
eretta. Sembra un re sul suo trono, tanto è severo e solenne. Il manto 
gli è caduto da una spalla e fa un lieve strascico dietro a Lui. Ma Egli
 non se ne cura. Con volto chiuso e senza la più lontana traccia di 
sorriso sulla bocca e negli occhi, pianta questi occhi in volto alla 
folla, che arretra come davanti a due lame ben pontute. Fissa uno per 
uno. Con una intensità di indagine che fa paura. I fissati cercano di 
arretrare nella folla e di nascondersi in essa. Il cerchio così si 
allarga e sgretola come minato da una forza occulta.
Infine parla. «Chi di voi è senza peccato scagli sulla donna la prima 
pietra». E la voce è un tuono accompagnato da un ancor più vivo 
lampeggiare di sguardi. Gesù ha conserto le braccia sul petto e sta 
così, ritto come un giudice, in attesa. Il suo sguardo non dà pace. 
Fruga, penetra, accusa.
Prima uno, poi due, poi cinque, poi a gruppi, i presenti si allontanano a
 capo basso. Non solo gli scribi e i farisei, ma anche quelli che erano 
prima intorno a Gesù ed altri che si erano accostati per sentire il 
giudizio e la condanna e che, tanto quelli che questi, si erano uniti 
per insolentire la colpevole e chiedere la lapidazione.
Gesù resta solo con Pietro e Giovanni. Non vedo gli altri apostoli.
Gesù si è rimesso a scrivere, mentre la fuga degli accusatori avviene, e
 ora scrive: «Farisei», «Vipere», «Sepolcri di marciume», «Menzogneri», 
«Traditori», «Nemici di Dio», «Insultatori del suo Verbo»…
Quando tutto il cortile si è svuotato e un gran silenzio si è fatto, non
 rimanendo che il fruscio del vento e quello di una fontanella in un 
angolo, Gesù alza il capo e guarda. Ora il volto si è placato. È mesto, 
ma non più irato. Dà un’occhiata a Pietro, che si è lievemente 
allontanato appoggiandosi ad una colonna, ed una a Giovanni che, quasi 
dietro a Gesù, lo guarda col suo sguardo innamorato. Gesù ha un’ombra di
 sorriso
guardando Pietro e un più vivo sorriso guardando Giovanni. Due sorrisi diversi.
Poi guarda la donna, ancora prostrata e piangente ai suoi piedi. 
L’osserva. Si alza, si riaggiusta il manto come fosse in procinto di 
mettersi in cammino. Fa un cenno ai due apostoli di avviarsi verso 
l’uscita.
Quando resta solo, chiama la donna. «Donna, ascoltami. Guardami». Ripete
 il comando, perché essa non osa alzare il viso. «Donna, siamo soli. 
Guardami».
La disgraziata alza un viso su cui pianto e polvere fanno una maschera di avvilimento.
«Dove sono, o donna, quelli che ti accusavano?». Gesù parla piano. Con 
serietà pietosa. Tiene il volto e il corpo lievemente piegati verso 
terra, verso quella miseria, e gli occhi sono pieni di una espressione 
indulgente e risanatrice. «Nessuno ti ha condannata?».
La donna, fra un singulto e l’altro, risponde: «Nessuno, Maestro».
«E neppure Io ti condannerò. Va’. E non peccare più. Va’ alla tua casa. E
 sappi farti perdonare. Da Dio e dall’offeso. Non abusare della 
benignità del Signore. Va’».
E la aiuta a rialzarsi prendendola per una mano. Ma non la benedice e 
non le dà la pace. La guarda avviarsi, a capo chino e lievemente 
barcollante sotto la sua vergogna, e poi, quando è scomparsa, si avvia a
 sua volta coi due discepoli.
Dice Gesù: 
«Quello che mi feriva era la mancanza di carità e di sincerità negli 
accusatori. Non che mentissero nell’accusa. La donna era realmente 
colpevole. Ma erano insinceri facendosi scandalo di cosa da loro 
commessa le mille volte e che unicamente una maggior astuzia e una 
maggior fortuna avevano permesso rimanesse occulta. La donna, al suo 
primo peccato, era stata meno astuta e meno fortunata. Ma nessuno dei 
suoi accusatori ed accusatrici – perché anche le donne, se non alzavano 
la loro parola, la accusavano in fondo al cuore – erano scevri di colpa.
Adultero è chi trascende all’atto e chi appetisce all’atto e lo desidera
 con tutte le sue forze. La lussuria è tanto in chi pecca che in chi 
desidera peccare.  Ricordati, Maria, la prima parola del tuo Maestro, 
quando ti ho chiamata dall’orlo del precipizio dove eri: “Il male non 
basta non farlo. Bisogna anche non desiderare di farlo”. Chi accarezza 
pensieri di senso, e suscita con letture e spettacoli cercati 
appositamente e con abitudini malsane sensazioni di senso, è ugualmente 
impuro come chi commette la colpa materialmente. Oso dire: è 
maggiormente colpevole. Perché va col pensiero contro natura, oltre che 
contro morale. Non parlo poi di chi trascende a veri atti contro natura.
 L’unica attenuante di costui è in una malattia organica o psichica. Chi
 non ha tale scusante è di dieci gradi inferiore alla bestia più lurida.
Per condannare con giustizia occorrerebbe essere immuni da colpa. Vi 
rimando a dettati passati, quando parlo delle condizioni essenziali per 
esser giudice. A Me non erano ignoti i cuori di quei farisei e di quegli
 scribi, non quelli di coloro che si erano uniti ad essi nell’inveire 
contro la colpevole. Peccatori contro Dio e contro il prossimo, erano in
 loro colpe contro il culto, colpe contro i genitori, colpe contro il 
prossimo, colpe, soprattutto numerose, contro le mogli loro. Se per un 
miracolo avessi ordinato al loro sangue di scrivere sulla loro fronte il
 loro peccato, fra le molte accuse avrebbe imperato quella di “adulteri”
 di fatto o di desiderio.
Io ho detto: (Vol 5 Capp 300 e 301) “È quello che viene dal cuore che 
contamina l’uomo”. E, tolto il mio cuore, non vi era alcuno fra i 
giudici che avesse il cuore incontaminato. Senza sincerità e senza 
carità. Neppure l’esser simili a lei nella fame concupiscente li 
induceva a carità. Io ero che avevo carità per l’avvilita. Io, l’Unico 
che ne avrei dovuto aver schifo. Ma ricordatevi però questo: che quanto 
più uno è buono e più è pietoso verso i colpevoli. Non indulge alla 
colpa per se stessa. Questo no. Ma compatisce i deboli che alla colpa 
non hanno saputo resistere.
L’uomo! Oh! più che canna fragile e vilucchio sottile è facile ad esser 
piegato dalla tentazione e portato ad avvinghiarsi là dove spera trovare
 un conforto. Perché molte volte la colpa avviene, specie nel sesso più 
debole, per questa ricerca di conforto. Perciò Io dico che chi manca di 
affetto per la sua donna, ed anche per la figlia sua propria, è per 
novanta parti su cento responsabile della colpa della sua donna o della 
sua creatura e ne risponderà per esse. Tanto l’affetto stolto, che è 
soltanto stupido schiavismo di un uomo ad una donna o di un genitore ad 
una figlia, quanto una trascuratezza d’affetti, o peggio una colpa di 
propria libidine che porta un marito ad altri amori e dei genitori ad 
altre cure che non siano i figli, sono fornite ad adulterio e 
prostituzione e, come tali, sono da Me condannati.
Siete esseri dotati di ragione e guidati da una legge divina e da una 
legge morale. Avvilirsi perciò ad una condotta da selvaggi o da bruti 
dovrebbe fare orrore alla vostra grande superbia. Ma la superbia, che in
 questo caso sarebbe anche utile, voi l’avete per ben altre cose.
Ho guardato Pietro e Giovanni in diversa maniera, perché al primo, uomo,
 ho voluto dire: “Pietro, non mancare tu pure di carità e di sincerità”,
 e dirgli pure, come a futuro mio Pontefice:
“Ricorda quest’ora e 
giudica come il tuo Maestro, in avvenire”;
mentre al secondo, giovane 
dall’anima di bambino, ho voluto dire: “Tu puoi giudicare e non giudichi
 perché hai il mio stesso cuore. Grazie, amato, d’esser tanto mio da 
essere un secondo Me”.
Ho allontanato i due prima di chiamare la donna per non aumentare la sua
 mortificazione con la presenza di due testimoni. Imparate, o uomini 
senza pietà. Per quanto uno sia colpevole, va sempre trattato con 
rispetto e carità. Non gioire del suo annichilimento, non accanircisi 
contro neppure con sguardi curiosi. Pietà, pietà per chi cade!
Alla colpevole indico la via da seguirsi per redimersi. Tornare alla sua
 casa, umilmente chiedere perdono e ottenerlo con una vita retta. Non 
cedere più alla carne. Non abusare della bontà divina e della bontà 
umana per non scontare più duramente di ora la duplice o molteplice 
colpa. Dio perdona, e perdona perché è la Bontà. Ma l’uomo, per quanto 
Io abbia detto: “Perdona al fratello tuo settanta volte sette”, non sa 
perdonare due volte. (Vol 4 Cap 278.3 e Vol 6 Cap 423)
Non le do pace e benedizione perché non era in lei quella completa 
recisione dal suo peccato che è richiesta per esser perdonati. Nella sua
 carne, e purtroppo nel suo cuore, non era la nausea per il peccato. 
Maria di Magdala, sentito il sapore del mio Verbo, aveva avuto disgusto 
per il peccato ed era venuta a Me con la volontà totale di essere 
un’altra. In costei era ancora un ondeggiamento fra le voci della carne e
 dello spirito. Né ella, nel turbamento dell’ora, aveva ancora potuto 
mettere la scure contro il ceppo della carne e reciderla per andare 
mutilata del suo peso bramoso al Regno di Dio. Mutilata di ciò che era 
rovina, ma accresciuta di ciò che è salvezza.
Vuoi sapere se si è poi salvata? Non a tutti fui Salvatore. Per tutti lo
 volli essere, ma non lo fui perché non tutti ebbero la volontà d’esser 
salvati. E questo è stato uno dei più penetranti strali della mia agonia
 del Getsemani.
Va’ in pace tu, Maria di Maria, e non voler più peccare neppure nelle 
inezie. Sotto il manto di Maria non stanno che cose pure. Ricordalo.
[…]».
http://www.lalucedimaria.it/cosa-scriveva-gesu-quando-disse-chi-e-senza-peccato-scagli-la-prima-pietra/
Nessun commento:
Posta un commento